Se la sfida contro la depressione mi ha insegnato qualcosa, è che per vivere bisogna re-imparare a osservare il mondo attraverso gli occhi curiosi di un bambino. Nei mesi di difficoltà ho sperimentato una mancanza di interesse verso la vita e il mondo fuori. Non parlo necessariamente di uno stato di inattività, perché spesso i sintomi del disturbo convivono con il normale svolgersi della propria routine e l'adempimento dei propri doveri. Ciò a cui mi riferisco, piuttosto, è il venir meno del coinvolgimento verso ciò che facevo; mancanza di senso che poi si risolveva in una costante insoddisfazione e nella frustrazione del ripetersi di giorni tutti uguali. La prima cosa che riconosco aver perduto allora è proprio la naturale e genuina curiosità, frutto di uno sguardo aperto e presente verso ciò che accade. 

La curiosità è il motore delle nostre giornate. Ci basta passare un po' di tempo con i bambini per capirlo: i loro perché sono infiniti. I bambini esplorano il loro ambiente, pongono domande incessanti e cercano risposte per spiegare ciò che colpisce e attira loro. Questo comportamento non è solo un modo per accumulare nozioni e informazioni, ma è un atto per costruire una comprensione del mondo che li aiuti a sviluppare un senso critico e quindi a cogliere il significato della vita quotidiana.

Non si può dire lo stesso quando diventiamo adulti. Spesso, infatti, per diverse ragioni mettiamo freno alla nostra curiosità, magari perché presi dalla velocità della routine e incapaci di fermarci a riflettere o per paura di fare domande ed essere giudicati dagli altri. Molte volte, poi, diamo troppe cose per scontate e non abbiamo voglia di approfondirle, limitando la nostra conoscenza all'indispensabile. Invece, coltivare la curiosità significa abbracciare l'ignoto con entusiasmo e con la consapevolezza che ogni nuova scoperta è un passo avanti nel nostro viaggio. Non alimentare questa curiosità equivale a smettere di crescere come persone e questo può farci sentire persi con noi stessi. C'è tanto bisogno di più persone disposte a interrogarsi su ciò che osservano, capaci di stupirsi e meravigliarsi, desiderose di non galleggiare sulla superficie ma di arrivare al fondo delle cose.

È la vita che ci richiede di essere sempre allievi e quindi dovremmo re-imparare a osservare il mondo con gli occhi dei bambini. 


Marta

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